GIOCARE A CAMMINARE
Concrete Press, 2021
Introduzione
PER UNO STUDIO SUI WALKING SIM
Il libro esamina il fenomeno del walking simulator, un genere videoludico emerso nell’ultimo decennio nel contesto delle produzioni videoludiche indipendenti. L’espressione “walking simulator” vive un’indeterminatezza di fondo e viene utilizzata per indicare prodotti videoludici con marche stilistiche, strutture estetiche e meccaniche ludiche anche diverse tra loro. Quest’opera non vuole soffermarsi sulla correttezza del termine, quanto sulla presenza di questo nuovo genere nell’ambito del videoludico e sui suoi significati ontologici. Particolare enfasi sarà data sulla relazione di forme e modalità del walking simulator con opere e processi artistici di svariate epoche, nonché sul potenziale insito nel peculiare linguaggio poetico ed espressivo generato da questa inedita forma del videoludico.
La relazione tra industria mainstream e produzioni indipendenti si è complessificata, a tal punto da stratificare, sovrapporre, ibridare formalismi, funzionalismi e aspetti economici che caratterizzano la produzione di un videogioco come artefatto. Le logiche produttive ed economiche hanno modificato anche l’aspetto di ciò che viene normalmente inteso come sviluppatore indie, generando nuove interdipendenze tra aspetti e politiche culturali, desideri creativi e forze economiche a disposizione.
Capitolo 1
WALKING SIM COME GIOCO, GENERE, ARTE
Il walking simulator genera ed è generato da convergenze linguistiche ed espressive che riguardano le strutture estetiche, i meccanismi formali e le filosofie narrative del medium videoludico. I videogiochi possono metamorfizzarsi in corrente artistica (Game art), influenza artistico-produttiva (Art games) e artefatto prodotto con o da un artista (Artists’ game). Il videogioco possiede senz’altro proprie specificità: quelle che l’hanno storicamente formato, quelle che lo rappresentano e quelle che lo potrebbero caratterizzare in potenza. In modo analogo, il walking simulator possiede una propria formula identitaria. Il modo in cui analizziamo il videogioco e le sue “categorie”, i suoi “filoni”, non dovrebbe mai essere totalmente separato dalle logiche rappresentative, visuali che caratterizzano un’epoca: impermediazione, immediatezza, attentività, e via discorrendo (in data attuale – 23/07/2021 – la logica visualperformativa di Twitch rappresenta un serio campo di indagine). Inseparabile da un’analisi filostorica del medium sono le considerazioni su stile e configurazioni con i quali i prodotti videoludici si presentano ai giocatori, intrecciate a loro volta coi concetti di classico (qualcuno ha detto Super Mario Bros?) e canone. Si genera un rapporto tra simulazione, performance e realtà che dai primi prototipi – come Spacewar! di Steve Russell e soci – concorre all’instaurazione del genere dei simulatori, profondamente connessi con i concetti di noia nel videoludico e le forme di gioco-lavoro ravvisabili, ad esempio, nei cosiddetti idle games. Simulazione e realtà non sono riconducibili esclusivamente al videoludico, ma fanno parte della nsotra storia culturale, simbolica e rappresentativa, e hanno riguardato l’indagine e l’opera di filosofi, ingegneri, scrittori e artisti differenti in differenti epoche. I walking simulator necessitano un’indagine che tenga conto (anche) di tutti questi aspetti, di ciò che prelevano (storicamente ed esteticamente), di ciò che rielaborano (formalmente, criticamente), di ciò a cui danno adito (creativamente, espistemicamente). Molti di essi, infatti, sembrano seguire tipologie di elaborazione critica vicine a quelle esercitate in varie forme della storia dell’arte. Questo tipo di rapporto – al di là dell’imperante domanda “cosa sia o cosa non sia arte” – si rivela fruttuoso per un’analisi del medium (tecnologicamente, stilisticamente e poeticamente parlando) più espansiva ed inclusiva, che tenga in considerazione anche gli aspetti controculturali e oppositivi legati a performance e fruizione del videogioco.
C’è un profondo rapporto – e, forse, una profonda comunanza di intenti – tra il videogioco survival e il concetto di lavoro; tra le espressioni ludiche della sopravvivenza (specista, pragmatica, …) e le manifestazioni politico-culturali del neoliberismo. Un afflato tira l’altro. I videogiochi survival alimentano il motore della riproduzione continua di risorse, stratificando nella pietra una forma mentis. Il rapporto tra gioco e lavoro non solo è indagato e analizzato da una diversità di studiosi, ma sembra essere diventato – quando ironicamente, quando di avvertimento politicamente orientato – un orizzonte creativo inseguito da un numero sempre maggiore di creatori di videogiochi [e, sì, sto volutamente non utilizzando i termini “sviluppatore” o “game designer”].
Capitolo 2
RETORICHE E MODALITÀ RAPPRESENTATIVE
I walking simulator assorbono stili, rimediano meccanismi ludici, riformulano un linguaggio coerente con i propri dispositivi critici. Il messaggio e i contenuti veicolati da essi non possono essere scissi dalla forma con cui tali informazioni vengono veicolate: le relazioni con il corpo del simulacro e con l’ambiente, e tra corpo simulacrale e ambiente rappresentato, sono fondamentali. Non solo nel videoludico, bensì anche nelle tecnologie di visione e di rappresentazione che scandiscono un’epoca – e che concorrono a definire tecnologicamente, esteticamente, politicamente e poeticamente il videogioco come medium. Importante nella definizione filologica, storica ed espressiva del walking simulator sono gli utilizzi della prospettiva, della prima persona e delle strutturazioni ambientali che ambiscono a definire l’environment come una fonte generativa di narrazioni. Di fatto, reputo fondanti per la creazione del “genere” conosciuto come walking simulator i cosiddetti first-person game (in particolare i first-person shooter, o più vernacolarmente Fps) e gli open world, così come le qualità formali e narrative del survival horror. Corpo e visione, visione e rappresentazione, rappresentazione e simulazione sono elementi che, nelle diverse epoche, hanno portato a strutturare le nostre definizioni di rapporto con il sé e con l’altro – dove l’altro si può offrire come un oggetto, un soggetto, un’idea, un evento – dalle tradizioni orali, alla teorizzazione della finestra prospettica, fino all’uso che facciamo degli smartphone e dei dispositivi digitali (and beyond: who (maybe) knows?). Guardare alla composizione dei walking simulator permette di rintracciare ed allacciare dei legami fondanti con tecnologie visive e metodi rappresentativi precedenti, contemporanei e successivi alla nascita del videogioco. Questo vale anche nel rapporto con le forme artistiche: gli scambi tra quest’ultime e specifiche espressioni nel videoludico possiedono una profondità dialogica meritevole di attenzione. Inoltre, il walking simulator non può esimersi da un’analisi legata al camminare in quanto pratica filosofica, storica e simbolica – che in quanto tale, attraversa la storia dell’umanità.
Mappe, paesaggi, afflati antropologici, etnografie virtuali, lore strutturate: il game designing si prende carico del desiderio di ubiquità espresso dalla società tutta (o quantomeno “occidentalizzata”) e sfrutta le possibilità legate all’hardware per generare turismi videoludici come mai visti prima d’ora. La cultura del tempo libero è divenuta cultura dell’intrattenimento, e l’intrattenimento necessita di riformulare tutto in uno scenario da gioco. Il turismo ludico, il desiderio di proiettarsi in sollazzi digitalizzati e in trip virtualmente esotici (o esoterici), tende la mano al concetto di lavoro ludico, il quale a sua volta si prende tutto il braccio. I paesaggi del videoludico – specialmente i giochi a mondo aperto, online e offline – divengono delle località in cui espletare comportamenti simbolici, reperire artefatti transitori, divertirsi (forse) pedissequamente, colonizzando e cannibalizzando lo spazio a disposizione. Ma non tutto è perduto: da ciò possono emergere prese di posizione, di coscienza, attività performative e teoriche generate da artisti, viaggiatori borderline ed eretici, che ristrutturano i significati dei mondi virtuali e illuminano modalità inedite con cui ri-approcciarsi al videoludico.
Capitolo 3
WALKING SIMULATOR
Il walking simulator è una tipologia produttiva e modalità creativa che sfugge a facili categorizzazioni. Sono produzioni che rimediano il linguaggio di varie forme mediali e manifestano tensioni artistiche, utilizzando formalismi ed estetiche provenienti da altri generi videoludici. Industria del videogioco, giornalismo di settore, critici, utenti (così come altre figure) appaiono incerti nel fornire una chiara tassonomia nominale al fenomeno, nonostante ci sia una non velata tendenza unanime a mantenere il termine “walking simulator” come metro di misura standard per definirlo. Il walking simulator ha una profonda relazione con il mondo del modding – un contesto, una procedura e una cultura che ha nella modifica dei videogiochi il suo cuore pulsante. La nascita stessa del genere è legata a doppiofilo con la pratica del modificare i titoli videoludici. Alcune opere hanno dato il via al walking simulator, fornendogli una base progettuale e significante, agendo da instradatori e prototipatori, aprendo in seguito la strada ad una serie di opere considerate i primi veri ed effettivi walking sim. Il capitolo, l’ultimo del libro, si propone di analizzare la relazione tra modding, opere ispiratrici e alcuni tra i più conosciuti walking simulator, cercando di aprire la strada a studi, insurrezioni e analisi che espandano, migliorino e strutturino la conoscenza legata a questo genere molto discusso ma poco studiato.
L’uso dello spazio narrativo e simbolico nei walking simulator evidenzia un diverso tipo di relazione nei confronti di un ambiente virtuale, simulato, ludico. Alcuni autori propongono una variazione nominativa del genere walking simulator, basandosi sull’analisi dei suoi piani di significato e della sua costruzione ontologica. Agire, attuare, definire una presenza, così come i concetti di input e ricompensa, sembrano essere elementi fondamentali per comprenderne i particolarismi e le potenzialità.