Oppure è un suono lungo?

Che cos’è che stava scrivendo? Quello che lei stessa diceva? Le cose che si dicevano?

E vitesse? Che cosa significa Vitesse?

Ma che cosa significa vitesse?

Eh?

Chi?

Non avrai mica dato una sbirciatina di nascosto sul cellulare?

Sotto pressione per cosa?

A che ora è la partita?

Facciamo in tempo ad arrivare a casa?

Non l’avevo già letto sullo schermo?

C’è qualcuno a cui piacciono i voli lunghi?

In che lingua?

Si vergognava forse un po’ all’idea di tutti questi comfort?

Che giorno era quando ha piovuto?

Che cosa?

Abbiamo paura?

Soffriva forse di una malattia, di un disturbo?

Com’è che si chiama, lo stadio? Qual è la ditta o il prodotto che lo sponsorizza?

Canti, balli, sesso… cos’altro?

Ma poi che razza di sport è uno dove non puoi usare le mani?

Che ne sarà della mia scommessa?

Che ne sarà della mia scommessa?

O forse le uniche cose che trovava divertenti erano proprio le questioni serie?

Inglese, russo, mandarino, cantonese?

Che cosa ci nasconde?

In tedesco o in traduzione?

L’ho già detto?

E quindi cosa facciamo?

E poi?

Quali espressioni?

E poi?

E poi?

E poi?

E poi?

E poi?

E poi? E poi?

Quali sono?

Disse: Martin Dekker, vivrai da solo per sempre?

Ma lui che fine ha fatto?

Che fine hanno fatto gli altri?

Gli altri chi?

Vi siete presentati?

L’ascensore funziona?

Ma c’era qualcuno che avesse idea di cosa sta succedendo?

È questo l’abbraccio casuale che segna la caduta della civiltà mondiale?

Siamo usciti fuori pista?

Perché era possibilissimo, no?

Martin avrebbe reagito come lei immaginava?

Ma cosa ha detto Einstein?

Quale palazzo?

Quanti anni fa?

Quando è stato di preciso?

Il numero settantasette, coso lì, sembrerebbe un po’ frastornato, non è vero?

È il bourbon a dargli questa cadenza vivace, questa infiorettatura di gergo sportivo e di slogan pubblicitari?

O forse è lo schermo nero, un impulso negativo, a stimolare l’immaginazione di Max, a dargli la sensazione che la partita si stia svolgendo chissà dove nello Spazio Profondo al di fuori della fragile portata della nostra consapevolezza attuale, in una qualche curvatura transrazionale che appartiene esclusivamente alla dimensione temporale di Martin, ma non alla nostra?

Ma in fondo perché dovrebbe? Lo specchio è davvero una superficie riflettente? E la faccia che vedo io è la stessa che vedono anche gli altri? Oppure è qualcosa o qualcuno di mia invenzione? Sono le pillole che prendo a dare vita a quest’altra versione di me?

Capita mai anche agli altri?

Cos’è che vedono gli altri quando camminano per strada e si guardano a vicenda? La stessa cosa che vedo io?

Dove sono le macchine e i camion, i rumori del traffico?

Sono tutti a casa o nella penombra di bar e circoli ricreativi e cercano di guardare la partita?

Cosa succede alle persone che vivono dentro il loro telefono?

Ma che ci facciamo qui?

Dov’è che si tiene?

Qual è la situazione contingente?

Ogni cosa nella datasfera è soggetta a distorsioni o furti? E a noi non resta che starcene seduti qui e piangere per il nostro destino?

Ma perché vi sto dicendo queste cose?

E ora che si fa? A chi diamo la colpa?

Come facciamo a sapere chi siamo?

Cosa succederà quando dovremo andarcene?

E una volta finito qui, cosa farete?

Come ci arrivate?

E poi cosa?

E poi cosa?

È una di quelle situazioni in cui bisogna pensare a quello che vogliamo dire prima di dirlo?

È questo ciò che siamo?

Erano anche pedonali, quei ponti, o potevano passarci solo le macchine e gli autobus? C’era ancora qualcosa là fuori che funzionava normalmente?

Le cose semplici, descrittive, che fine avevano fatto?

Ci troviamo a vivere in una realtà alternativa? L’ho già detto, questo? Un futuro che per il momento non dovrebbe ancora prendere forma?

Come aveva fatto a sognare una parola che non conosceva?

Un uomo nascosto sotto un ombrello? Pronto a tendere un’imboscata?

Forse ognuno di quegli individui rappresentava un mistero per l’altro, per quanto il loro legame potesse essere stretto, ognuno di loro era racchiuso nella propria individualità in modo così naturale da sfuggire a una definizione conclusiva, a una valutazione immutabile da parte degli altri presenti nella stanza?

Morte per fame, pestilenze, cos’altro?

Il livello degli oceani si sta rapidamente alzando? Le temperature continuano ad aumentare, di ora in ora, di minuto in minuto?

La gente vive in prima persona i ricordi di conflitti passati, la diffusione del terrorismo, le riprese traballanti di qualcuno che si avvicina a un’ambasciata con addosso un giubbotto esplosivo?

Si può dire che queste memorie contengano sprazzi di nostalgia?

E non è strano il fatto che certi sembrino aver accettato questa sospensione, questo guasto? Forse è qualcosa che hanno sempre desiderato a livello subliminale, subatomico?

Cosa ci resta da vedere, da sentire, da provare? Esiste un selezionato numero di persone che hanno una sorta di telefono impiantato nel corpo?

SI può considerare una sorta di protezione contro il silenzio globale che segna le nostre ore, i nostri minuti e i nostri secondi? Chi sono queste persone? Come fanno ad accedere alle chiamate sottocutanee? Esiste un prefisso corporeo, una sorta di battito cardiaco parallelo che trasmette un allarme a livello locale?

A mezzanotte c’è stato forse un peggioramento del guasto?

Lui si alza dritto in piedi e continua a parlare tutto serio, alternando la sua voce normale con quella di Einstein, ma che importanza ha?

È domenica, oggi? O lunedì?

E quand’è che succederà tutto questo?

E se?

E se tutto questo fosse soltanto pura fantasia?

E se non fossimo davvero quello che crediamo di essere?

E se il mondo che conosciamo venisse sottoposto a un nuovo assetto davanti ai nostri occhi mentre stiamo fermi a guardare, oppure mentre stiamo seduti a parlare?

Forse il tempo ha fatto un balzo in avanti, come dice il nostro giovane amico? Oppure è collassato? E la gente per le strade si trasformerà in orde violente, senza più controllo, spaccheranno tutto, introducendosi ovunque, a livello planetario, rigetteranno il passato, perderanno ogni legame con ogni abitudine, con tutti gli schemi?

E poi cosa succederà?

Cosa sta succedendo? Chi ci sta facendo tutto questo? Qualcuno ha rimasterizzato digitalmente il nostro cervello? Siamo forse un esperimento riuscito male, un piano messo in moto da forze che vanno al di là della nostra capacità di comprensione?

Perché non noi? Perché non adesso?

Com’è successo che da cinque persone ne sono rimaste due?

Che cosa?

Tu sai cos’è che vogliamo, non è vero?

Dov’è casa?

E così anche nelle altre città, gente in preda a una furia distruttrice, nessun posto dove andare a rifugiarsi? Le folle di una città canadese di allargheranno sempre più fino a unirsi alle folle di qui? L’Europa è un’unica folla dalle proporzioni inverosimili? Che ore sono adesso in Europa? Le pubbliche piazze ora pullulano di gente, decine di migliaia di persone, in tutta l’Asia, in tutta l’Africa, ovunque nel mondo?

Di cosa stai parlando?

Cosa sta succedendo nelle strade? Cosa c’è? Chi c’è là fuori?

L’ho già detto?

Che fine hanno fatto le tue scarpe?

Ma parlo seriamente o sto solo mendicando un po’ di attenzione?

Non dovrei essere a casa mia in questo momento, da solo, in camera da letto? Non è qualcosa che le circostanze legittimano?

Parlo in modo un po’ troppo saccente?

Cosa sta succedendo nelle piazze di tutta Europa, gli stessi posti dove ho camminato, guardato, ascoltato?

Mio marito non vuole descrivere quello che ha visto, ma io immagino che per le strade adesso ci sia il pandemonio e chissà come mai sono così restia ad alzarmi, ad andare alla finestra e, semplicemente, a guardare fuori? Tutto quello che sta accadendo non era in fondo scontato? Non è quello che alcuni di noi stanno pensando?

E se adesso parlo così è perché la mezzanotte è passata da un pezzo e io non ho chiuso occhio e perché ho mangiato si e no un boccone e perché le persone qui presenti ascoltano quello che dico con un orecchio si e uno no?

Ci ho pensato davvero, alle migliaia e migliaia di persone, o me lo sto inventando adesso in questo mio resoconto disordinato?

Mi ha fatto da interprete?

Forse perché contavo male? Oppure perché il mondo si restringeva o si allargava?

Mi chiamavo Max?

Ci sarà il sole? O non ci sarà nessuna traccia del sole nel cielo? Chi sa cosa significa tutto questo? La nostra normale esperienza ha semplicemente subito una battuta d’arresto? Stiamo assistendo a una deviazione della natura? Una sorta di realtà virtuale?

È naturale in momenti come questo pensare e parlare in termini filosofici, come alcuni di noi stanno facendo? Oppure dovremmo avere un atteggiamento più pragmatico? Qualcosa da mangiare, un luogo dove stare riparati, amici, tirare lo sciacquone, se possibile?

Sarebbe il caso di finirla, giusto?

La teoria della relatività di Einstein che provoca tumulti nelle strade, o se mi metto a immaginare certe cose è perché è tardi e io non ho chiuso occhio e perché ho mangiato poco e niente e le persone qui presenti ascoltano quello che dico con un orecchio si e uno no?

Cos’altro c’è?

Ma se adesso esco da questo soggiorno ed entro in bagno, ne verrò mai fuori?

L’abbiamo capito tutti, questo?

Don DeLillo, Il silenzio, trad. di Federica Aceto, Torino, Einaudi, 2021. Titolo originale: The Silence, 2020.